ADDOLORATI PER LA MORTE DI WELBY, PECCATO CHE LA SUA BATTAGLIA NON SIA STATA PER MIGLIORARE LE CONDIZIONI DEI MALATI GRAVI
Siamo fortemente addolorati per la morte di Piergiorgio Welby, non solo per le gravi sofferenze che ha dovuto sopportare a causa della malattia, ma anche perché pensiamo che sia terribile morire convinti che la propria vita è indegna di essere vissuta. Allo stesso tempo, però, deploriamo che Welby sia divenuto il simbolo di una battaglia per la morte invece che di una battaglia per la migliore assistenza dei malati in gravi condizioni. Il suo impegno, infatti, ha dimostrato proprio il contrario di quello che i radicali volevano sostenere: la sua vita aveva un senso, profondo e importante. Anche persone malate come lui, infatti, possono intervenire nella società, contribuire alla riflessione collettiva e soprattutto ricordarci che anche la sofferenza ha diritto di parola in un mondo sempre più orientato ad escludere quelli che non sono giovani, sani e benestanti. Welby, con la sua testimonianza, ci ha insegnato molto: non la necessità dell’eutanasia, ma la necessità di una buona assistenza e di un ruolo sociale per i malati, che possono e devono essere riconosciuti come protagonisti della nostra società e della nostra cultura. Grazie a Welby, speriamo che il nostro sistema sanitario migliori, che non ci sia più nessun malato che si senta escluso e inutile, che chieda la morte. Che non ci sia più nessuno a pronunciare le parole di tristissima memoria “vita indegna di essere vissuta”.