CURARE E CURARSI – IL CONSENSO ALLE CURE

Dal 06/12/2013
al 06/12/2013
Dalle 17:00
alle 19:30
Città Firenze
Luogo presso l' Oratorio San Filippo Neri, via dell'Anguillara, 25
Relatori Prof. Pietro Cioni Già Primario Medicina interna, già coordinatore Comitato Etico Locale AOUC Firenze. Padre Maurizio Faggioni Medico-Teologo, membro Pontificia Accademia per la Vita Prof. Ferrando Mantovani Professore Emerito di Diritto PenaleUniversità di Fi, membro Accademia dei Lincei.
Collaborazione Associazione Medici Cattolici - Forum Toscano Associazioni Familiari - Movimento per la Vita Firenze
Telefono 0552399194
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Curare e curarsi – il consenso alle cure La stasi di fronte al parlamento della Legge sul “fine vita” permette di riflettere e ridiscutere le tematiche legate alle cure, all’obbligo e rifiuto delle stesse, alle questioni mediche, etiche, sociali connesse. Nel passato era in famiglia che normalmente ci si curava e si moriva in mezzo agli affetti; la pietà cristiana nei secoli aveva anche creato luoghi di accoglienza per i diseredati e per curare i malati e ad accompagnarli nell’ ultimo percorso della vita; poi sono subentrate le istituzioni pubbliche che ne hanno preso il posto. Ma ovunque l’assistenza, con le medicine e i mezzi dell’epoca, si svolgeva senza travolgere il corso naturale della vita. I grandi cambiamenti sono intercorsi col tumultuoso sviluppo della scienza e con le conseguenti applicazioni tecniche specie dal secolo scorso in qua, quando l’uomo detentore della tecnica può cambiare il corso delle cose modificando pure il concetto di ciò che è naturale. Anche sotto un profilo antropologico e di pensiero la modernità ha prodotto cambiamenti forti: il valore della soggettività è stato affermato in maniera parossistica. La cosiddetta “autodeterminazione”spesso è affermata come valore assoluto ed esclusivo senza limiti. È in questo quadro che si pone il disaccordo tra sostenitori dell’eutanasia che affermano il diritto di ognuno di disporre della propria vita e coloro che non accettano che si interrompa la vita con strumenti o con farmaci sia per motivi solo razionali o perché, credenti, nella convinzione che la tecnica la crea l’uomo e, invece, la natura l’ha creata Dio. Ma è sulle cure che il confronto è più articolato: il dilemma che si presenta non investe solo la fede ma anche la ragione. Al momento cruciale della fine della vita non è ammissibile una sorta di accanimento terapeutico che può rappresentare solo prolungamento di una agonia, ma è ragionevole il ricorso a tutti i mezzi che possono consentire di alleviare il dolore del trapasso senza però ricorrere a farmaci o a strumenti che interrompano la vita direttamente in maniera violenta. C’è il diritto ad essere curati, ma non può esserci l’obbligo giuridico di sottoporsi alle cure: certo c’è un dovere morale a curarsi, ma anche la volontà del paziente va rispettata. E allora l’antico insegnamento di Ippocrate, l’imperativo di curare e di non nuocere sancito dal famoso giuramento, può implicare un prolungamento artificiale della vita, magari carico di sofferenze? E, all’opposto, rispettare la volontà del paziente nelle scelte diagnostico- terapeutiche può voler dire ammettere una incondizionata autodeterminazione anche quando questa può mettere in questione la vita della persona? Secondo il filosofo Giovanni Reale se il medico, in quanto detentore della tecnica, ha larga parte nelle decisioni, specie dei malati terminali, il problema è che operi con saggezza e utilizzi la “tecnica come mezzo e non come fine”; il fine è sempre la persona umana e il suo bene. Marcello Masotti Presidente Scienza &Vita Firenze

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