Un solo parere, due posizioni distinte
EMBRIONI IN DONO ALLA RICERCA?
NESSUN VIA LIBERA DAL CNB
di Maria Luisa Di Pietro
Il 26 ottobre, nel corso della riunione plenaria, il Comitato nazionale per la bioetica ha approvato un parere sul “destino degli embrioni derivanti da procreazione medicalmente assistita e non impiantabili”. Si tratta di un documento unico ma non unitario, ovvero vengono riportate nel suo interno due distinte posizioni.
La questione al centro del dibattito, è iniziato prima della scadenza del precedente mandato del Cnb, è riassumibile in questa domanda: si possono usare ai fini della ricerca quegli embrioni che – prodotti con la Pma – vengono considerati, ad un indagine osservazionale, incapaci di svilupparsi e pertanto non trasferibili?
EMBRIONI IN DONO ALLA RICERCA?
NESSUN VIA LIBERA DAL CNB
di Maria Luisa Di Pietro
Il 26 ottobre, nel corso della riunione plenaria, il Comitato nazionale per la bioetica ha approvato un parere sul “destino degli embrioni derivanti da procreazione medicalmente assistita e non impiantabili”. Si tratta di un documento unico ma non unitario, ovvero vengono riportate nel suo interno due distinte posizioni.
La questione al centro del dibattito, è iniziato prima della scadenza del precedente mandato del Cnb, è riassumibile in questa domanda: si possono usare ai fini della ricerca quegli embrioni che – prodotti con la Pma – vengono considerati, ad un indagine osservazionale, incapaci di svilupparsi e pertanto non trasferibili?
Per questi embrioni le Linee guida della Legge 40 prevedono l’abbandono in terreno di coltura “fino all’estinzione”. Non si tratta, quindi, di embrioni crioconservati – in tal caso si aggiungerebbero altre considerazioni di carattere scientifico ed etico – ma di embrioni per i quali non si prevede la crioconservazione. Le posizioni dei membri del Cnb sono state riassunte nei paragrafi 2a e 2b.
La posizione del paragrafo 2a, avalla l’uso di questi embrioni nella ricerca, introducendo anche il concetto di “donazione degli embrioni alla ricerca”. Il termine “donazione” viene poi ripreso nel paragrafo 3a, per esprimere la donazione da parte degli embrioni alla ricerca!
La posizione del paragrafo 2b – sostenuta da tutti coloro che condividono la linea espressa dall’Associazione Scienza & Vita – è invece di rifiuto assoluto dell’utilizzo degli embrioni abbandonati in terreno di coltura. Le ragioni di tale posizione sono di natura scientifica (dal momento della fusione–attivazione o della microiniezione–attivazione dello spermatozoo nella cellula uovo ha inizio il processo di costituzione e di sviluppo dell’embrione umano), antropologica ed etica (il rispetto dell’essere umano non consente interventi che non siano diretti al suo bene). Si chiede, quindi, che vengano lasciati in terreno di coltura fino a “morte naturale”.
La questione dell’accertamento della morte dell’embrione è il secondo punto affrontato nel parere. Viene, infatti, avanzata l’ipotesi di un’analogia con l’accertamento della morte nel già nato e il successivo prelievo di organi. Tale analogia viene considerata non plausibile da una parte del Cnb, perché l’accertamento della morte dell’embrione non può seguire lo stesso criterio dell’adulto, per il quale si fa riferimento alla morte cerebrale totale. Non si tratta, infatti, di dimostrare la cessazione irreversibile del coordinamento e dell’integrazione di un organismo, ma di valutare la perdita di quella capacità di sviluppo che “dipende da complesse interazioni molecolari e cellulari”. E, allo stato attuale, vi sono solo segni “probabilistici”.
E’ per questa ragione che il Cnb chiede di approfondire il tema della “morte organistica dell’embrione”. Ovviamente tali approfondimenti vanno fatti su modelli sperimentali animali, come ricordato al paragrafo 3b.
Quali sono i passi avanti compiuti con questo parere? Non certamente di aver “aperto” – come è stato detto – alla ricerca, quanto piuttosto di aver bloccato l’uso degli embrioni considerati “non impiantabili” nella ricerca fino a che non si possa disporre di adeguati criteri di accertamento della morte. E allo stato attuale questo non è possibile, come dimostrato anche dal dibattito che si è svolto in seno al Comitato Nazionale degli Stati Uniti.
In secondo luogo, è stata smentita l’equazione “embrione non impiantabile = embrione morto” o “embrione in stato di abbandono = embrione morto”, cavallo di battaglia – oltre un anno fa – di alcuni parlamentari. Questo consente di ridare dignità all’essere umano anche in fase embrionale di sviluppo. Perché chiedere che, prima di destinarlo alla ricerca, ne sia accertata (e non solo supposta) la morte, significa riconoscergli quella tutela che già nel processo di Pma viene messa comunque a rischio.
Con l’aborto chimico vogliono svuotare la Legge 194
DIETRO GLI APPLAUSI ALLA PILLOLA RU486
UN GRUMO (TUTTO ITALIANO) DI INTERESSI
di Eugenia Roccella
Gli ultimi dati sull’interruzione di gravidanza diffusi dalla regione Emilia Romagna hanno alimentato gli entusiasmi sull’aborto chimico. L’assessorato alla Sanità afferma che non ci sono stati problemi gravi, e che le donne che scelgono di abortire con la pillola Ru486 sono mediamente più colte delle altre. Però, per quanto riguarda effetti collaterali ed eventi avversi, un campione di 400 donne non è statisticamente significativo: bisogna ricordare che l’aborto purtroppo investe decine di migliaia di donne, e che le verifiche si devono fare sui grandi numeri.
DIETRO GLI APPLAUSI ALLA PILLOLA RU486
UN GRUMO (TUTTO ITALIANO) DI INTERESSI
di Eugenia Roccella
Gli ultimi dati sull’interruzione di gravidanza diffusi dalla regione Emilia Romagna hanno alimentato gli entusiasmi sull’aborto chimico. L’assessorato alla Sanità afferma che non ci sono stati problemi gravi, e che le donne che scelgono di abortire con la pillola Ru486 sono mediamente più colte delle altre. Però, per quanto riguarda effetti collaterali ed eventi avversi, un campione di 400 donne non è statisticamente significativo: bisogna ricordare che l’aborto purtroppo investe decine di migliaia di donne, e che le verifiche si devono fare sui grandi numeri.
Meglio fidarsi dell’ente di controllo dei farmaci americano, la Food and Drug Administration, che di eventi avversi denunciati dalle donne (con nome e cognome) ne registra a centinaia. Che siano le donne più informate, a chiedere la pillola abortiva, non stupisce affatto: la grande stampa ha costruito, intorno alla Ru486, il mito di un aborto facile, senza sofferenze fisiche o psicologiche. In realtà il metodo chimico è più rischioso, doloroso, traumatico di quello tradizionale, ma nell’infuriare delle polemiche politiche questa semplice verità, largamente documentata, fatica a farsi strada. Il motivo di tanta ostinazione ideologica è uno solo: introdurre la pillola abortiva in Italia è il modo più semplice per aprire varchi nella legge 194 sull’interruzione di gravidanza, senza nemmeno passare dal parlamento, dove, si sa, le maggioranze sui temi etici sono difficili da ottenere.
L’aborto chimico è una procedura che dura almeno tre giorni, che espone a rischi di emorragie e di altri eventi avversi gravi, che ha un tasso di mortalità dieci volte più alto dell’aborto chirurgico; inoltre ha già provocato alcune morti da choc settico i cui meccanismi non sono stati ancora chiariti. Anche sul piano psicologico, la pillola è certamente punitiva: il 56% delle donne, costrette a controllare personalmente il flusso emorragico, riconosce l’embrione abortito, e tutto si svolge in solitudine, con tempi lunghissimi. La certezza che l’utero sia vuoto, infatti, si può avere solo dopo 15 giorni, alla visita conclusiva.
Per quasi vent’anni la ditta che produce il farmaco, la Exelgyn, non ha voluto commercializzarlo in alcuni Paesi, tra cui l’Italia e gli Usa. La politica della Exelgyn è sempre stata quella di cercare l’appoggio dei politici e dei medici, e di non registrare il prodotto in paesi con un’opinione pubblica avvertita e combattiva. In America, a seguito delle documentate insistenze del presidente Clinton, l’azienda ha addirittura preferito regalare il brevetto, piuttosto che esporsi al rischio di cause legali per danni. Da qualche tempo, però, una parte dei politici italiani si è impegnata a fondo per soddisfare le richieste della Exelgyn. Prima la sperimentazione all’ospedale Sant’Anna di Torino, su cui la magistratura non ha ancora concluso l’indagine aperta per irregolarità. Poi la promozione della pillola in varie regioni – in primo luogo la Toscana – forzando la normativa sull’importazione diretta dei farmaci. Infine il convegno della Fiapac, la Federazione internazionale degli operatori di aborto e contraccezione, tenuto un anno fa a Roma, e sponsorizzato proprio dalla Exelgyn: al convegno portarono i propri calorosi saluti il ministro Emma Bonino, e Maura Cossutta a nome del ministro Turco. Non si contano le dichiarazioni infiammate di autorevoli esponenti della sinistra radicale a favore della pillola, sbandierata come simbolo della libertà femminile. Confortata da tante iniziative di sostegno, l’azienda francese ha comunicato che chiederà la registrazione del farmaco in Italia a novembre.
Ma perché la politica si interessa così fortemente a un metodo abortivo, che dovrebbe essere di esclusiva pertinenza dei medici? Perché è il modo più efficace per svuotare la legge 194, creando una situazione di fatto da cui non è più possibile tornare indietro. Come è avvenuto in Francia, dove l’introduzione della Ru486 ha finito per produrre la modifica della legge, allo scopo di renderla compatibile con l’aborto a domicilio. La legge francese in origine prevedeva, come quella italiana, che l’aborto avvenisse esclusivamente nelle strutture pubbliche. Oggi basta andare da un medico convenzionato, che consegna alla paziente pillole e foglietto con le istruzioni: e addio politiche di prevenzione, addio garanzie sanitarie. Se poi il prezzo lo pagano le donne, sembra non importare a nessuno.
Dopo l’allarme sulle morti causate dalla scarsa sicurezza
ABORTO COME "DIRITTO UMANO"
DA LONDRA PARTE L’OFFENSIVA
di Manuela Sina
Nel cuore di Londra si è celebrato nei giorni scorsi il primo convegno internazionale interamente dedicato al tema dell’aborto. A quarant’anni dalla promulgazione dell’Abortion Act 1967, Marie Stopes International, Ipas e Abortion Rights – tre organizzazioni non governative che si occupano di sostenere e diffondere la salute riproduttiva della donna in Gran Bretagna e nel mondo – hanno radunato nella city oltre 700 delegati provenienti da 60 diversi Paesi.
ABORTO COME "DIRITTO UMANO"
DA LONDRA PARTE L’OFFENSIVA
di Manuela Sina
Nel cuore di Londra si è celebrato nei giorni scorsi il primo convegno internazionale interamente dedicato al tema dell’aborto. A quarant’anni dalla promulgazione dell’Abortion Act 1967, Marie Stopes International, Ipas e Abortion Rights – tre organizzazioni non governative che si occupano di sostenere e diffondere la salute riproduttiva della donna in Gran Bretagna e nel mondo – hanno radunato nella city oltre 700 delegati provenienti da 60 diversi Paesi.
Gli organizzatori hanno definito l’evento il primo grande segno di un cambiamento culturale che sta avanzando di Paese in Paese ed hanno invitato i partecipanti a cogliere il momento per incominciare a manifestare più apertamente e fieramente il proprio operato.
Accolti da Dana Hovig, direttore della Marie Stopes International, ed Elizabeth Maguire, presidente Ipas, come eroici costruttori di una nuova “era di rivoluzione globale”, i numerosi medici, esperti della salute ed attivisti riunitisi da ogni parte del mondo per considerare il grave problema della mortalità materna connessa alla pratica dell’aborto in condizioni di scarsa sicurezza, sono stati subito spronati ad orientare le loro giornate di lavoro verso l’obiettivo di “capovolgere le leggi restrittive e le politiche pericolose, che violano i diritti umani delle donne” (E. Maguire).
La questione è stata così posta: la vita e la salute sono diritti umani, dal momento che di unsafe abortion si muore, il safe abortion è un diritto umano ed in quanto tale va promosso.
Catturata la commozione dell’audience per mezzo di riflessioni sull’alta percentuale di mortalità materna esistente nei Paesi in via di sviluppo, e sul dovere morale di intervenire per arginarla ed assicurare equo accesso ai servizi sanitari nel mondo, gradualmente i relatori hanno spostato l’attenzione sul numero di donne che muoiono in seguito ad unsafe abortion, in seguito cioè ad aborti praticati in condizioni definite di scarsa sicurezza in quanto l’aborto risulta proibito o difficilmente accessibile.
Su quest’onda, e muovendo dall’assunto per cui l’aborto è un dato di fatto e come tale sempre è esistito e sempre esisterà, Mark Lowcock, direttore generale della Policy and International Division del Department for International Development U.K., ha invitato l’assemblea a considerare che un altro modo di contribuire all’importante obiettivo di ridurre le conseguenze negative di questo fenomeno è proprio quello di ridurre l’unsafe abortion. In che modo? Legalizzando e rendendo più facilmente accessibile e sicuro l’aborto stesso.
A suo avviso questo modo di promuovere l’aborto sicuro non sarebbe affatto in contrasto, ma anzi pienamente in linea, con le direttive della Conferenza del Cairo (1994). Ed in particolare all’obiettivo di curare che in nessun caso l’aborto sia promosso come un metodo per la pianificazione familiare. Come Lord Steel, l’architetto dell’Abortion Act, egli infatti ha dichiarato, a dispetto dell’elevata percentuale di aborti che il Regno Unito presenta (circa doppia rispetto a quella italiana), che una legge permissiva in materia di aborto non rappresenta affatto un modo di promuovere l’aborto come metodo di pianificazione familiare, ma anzi una strategia per ridurre tale rischio.
E’ così che il diritto umano da tutelare è scivolato progressivamente dal diritto della donna alla vita ed alla salute, al diritto al safe abortion.
Ma cosa significa safe abortion? Esiste davvero un aborto sicuro e cosa lo rende tale? La differenza tra safe ed unsafe abortion ricorda molto quella di aborto legale ed aborto clandestino alla base della battaglia politica che aveva portato alla legalizzazione dell’aborto prima in Gran Bretagna e poi in altri Paesi; in questo senso l’evento ha saputo proporsi sia come commemorazione di una legge, che aveva fruttato la legalizzazione dell’aborto in precise – per quanto non poco permissive – circostanze, sia come promotore di una sua ulteriore evoluzione. Sulla falsariga della riflessione provocata in passato in merito alle differenze che intercorrono tra aborto legale e aborto clandestino, gli organizzatori hanno voluto portare l’attenzione sulla differenza tra safe ed unsafe abortion per spingere ora a modificare la legge nel senso di un diritto all’aborto su richiesta.
Dall’inclusione dell’aborto nell’ambigua categoria di salute riproduttiva, alla sua promozione a diritto umano il passo si mostra davvero sempre più breve. E’ questo un passo che la stessa Stephanie Schlitt di Amnesty International ha già compiuto: a suo modo di vedere, infatti, le leggi restrittive nei confronti dell’aborto rappresenterebbero una minaccia ai diritti umani, in quanto incompatibili con i diritti della donna, e sarebbero discriminatorie, perché non permetterebbero l’accesso a “trattamenti sanitari di cui solo le donne necessitano”; per questo motivo, insieme a Luisa Cabal del Centre for Reproductive Rights, ella ha invitato a fare pressione sui governi affinché giungano quanto prima a riconoscere l’aborto come un diritto umano da promuovere e da difendere.
Molte sono state le strategie proposte nel corso dei due intensissimi giorni di quella che Malcom Potts ha, a ragione, definito una grande famiglia orientata con tutte le sue forze a rendere l’aborto una pratica accessibile e sicura. Chi ha assistito ai lavori vorrebbe solo non dover dare un giorno ragione a Jon O’Brien, presidente dei Catholics For a Free Choice, che ha dipinto quanti non condividono questo obiettivo come un’opposizione inconsistente e fatua più che una solida e concreta realtà.
Ecco quello che chiedono tanti medici italiani
PIU’ CURE PIU’ HOSPICE PIU’ PRUDENZA
Con questa raffica di interviste ad un gruppo di medici, facciamo il punto sul nostro particolarissimo sondaggio sull’opportunità di varare una legge che disciplini il testamento biologico. Anche da queste ultime interviste emerge un sostanziale giudizio negativo sull’opportunità di varare un’apposita disciplina e in sostanza si suggerisce al legislatore italiano di adottare un sano criterio di prudenza.
PIU’ CURE PIU’ HOSPICE PIU’ PRUDENZA
Con questa raffica di interviste ad un gruppo di medici, facciamo il punto sul nostro particolarissimo sondaggio sull’opportunità di varare una legge che disciplini il testamento biologico. Anche da queste ultime interviste emerge un sostanziale giudizio negativo sull’opportunità di varare un’apposita disciplina e in sostanza si suggerisce al legislatore italiano di adottare un sano criterio di prudenza.
Quel tante volte evocato “principio di precauzione”, sbandierato ad ogni pie’ sospinto e che si fa fatica a far accettare ai legislatori impegnati a trattare un tema eticamente e socialmente sensibile come quello del fine vita. I medici da noi interpellati, in rappresentanza dell’intera categoria, sembrano esprimere il “comune sentire” di un universo professionale che nutre un sincero rispetto per la vita e si fa carico, piuttosto, della responsabilità di instaurare una sana e corretta alleanza terapeutica fra medico e paziente. Infine emerge la generalizzata richiesta di hospice in grado di rispondere alle insistenti e rinnovate domande di cura legate al fine vita. Tutto dunque, tranne che l’eutanasia, che per tanti medici è il convitato di pietra del testamento biologico all’italiana.
Ecco gli intervistati:
Luisa Angela Amati: Medico ospedaliero cardiologo, per cinque anni rianimatore, Milano.
Libro – intervista a dieci intellettuali europei
QUESTIONE ANTROPOLOGICA
NUOVA LAICITA’ CERCASI
di Domenico Delle Foglie
“L’Europa è chiamata a praticare una nuova laicità”. Lo sostiene il Patriarca di Venezia, Angelo Scola, nella prefazione all’ultima fatica di Pierangelo Giovanetti, direttore del quotidiano trentino “L’Adige”. Già inviato speciale di “Avvenire”, Giovanetti raccoglie in un bel volume edito da “Ancora”, dal titolo “Europa Religioni Laicità”, dieci interviste pubblicate dal quotidiano dei cattolici italiani. L’autore dà voce a dieci indiscussi protagonisti del dibattito culturale europeo che si lasciano intervistare sul ruolo delle religioni nel rapporto con la laicità, così come si viene sviluppando nel Vecchio Continente.
QUESTIONE ANTROPOLOGICA
NUOVA LAICITA’ CERCASI
di Domenico Delle Foglie
“L’Europa è chiamata a praticare una nuova laicità”. Lo sostiene il Patriarca di Venezia, Angelo Scola, nella prefazione all’ultima fatica di Pierangelo Giovanetti, direttore del quotidiano trentino “L’Adige”. Già inviato speciale di “Avvenire”, Giovanetti raccoglie in un bel volume edito da “Ancora”, dal titolo “Europa Religioni Laicità”, dieci interviste pubblicate dal quotidiano dei cattolici italiani. L’autore dà voce a dieci indiscussi protagonisti del dibattito culturale europeo che si lasciano intervistare sul ruolo delle religioni nel rapporto con la laicità, così come si viene sviluppando nel Vecchio Continente.
Non è una carrellata questo volume. Piuttosto è un termometro che segnala lo stato di salute della laicità in Europa, sotto la spinta tanto della modernità quanto della globalizzazione, del sentire religioso come della laicità, dell’individualismo e del comunitarismo. Insomma, è una bella avventura intellettuale, in cui prendono la parola, in prima persona, il teorico britannico della “modernità liquida” Zygmunt Bauman e il teologo francese Olivier Clément, lo storico polacco Bronislaw Geremek e il suo collega francese Emmanuel Le Roy Ladurie, il sociologo spagnolo José Casanova e il filosofo polacco Leszek Kolakowski, il filosofo della politica e canadese Charles Taylor e il collega tedesco Robert Spaemann, il professore tedesco di Teoria della religione e della cultura Hans Maier e lo storico e filosofo polacco-francese Krzysztof Pomian.
Dieci personaggi dallo straordinario spessore intellettuale che restituiscono l’immagine di un’Europa tutt’altro che vecchia, nella sua capacità di ripensare il proprio futuro. Una riflessione, la loro, che mette in luce la fatica delle istituzioni europee nello stare al passo con le migliori intelligenze del Continente. Ed in particolare segnala il ritardo accumulato, nell’arena europea, sul tema della laicità in rapporto al ruolo pubblico che le religioni già svolgono in tutto l’Occidente. E’ come se il “vivente” non riuscisse, con la propria forza, a trovare adeguata rappresentazione e ad entrare nelle stanze della rappresentanza. Un bel problema per un Continente che non voglia rassegnarsi ad un ruolo ancillare rispetto alle nuove potenze che prepotentemente si affacciano sulla scena internazionale.
E qui vale il richiamo del Patriarca di Venezia: “L’Europa è chiamata a praticare una nuova laicità: uno spazio nel quale tutti apportino la propria idea di vita buona come proposta alla libertà altrui e, nel dinamismo del dialogo tra tutti i soggetti in campo, nella reciproca narrazione della propria soggettività a un tempo personale e sociale, il popolo possa arrivare a decidere la via migliore da intraprendere”.
“E’ la democrazia, bellezza. O la bellezza della democrazia”. Verrebbe da chiosare in uno slancio di partecipazione. Di sicuro, l’impianto di questo lavoro di Giovanetti che scommette sulla “laicità aperta” può aiutare tutti noi impegnati sul fronte antropologico. Perché l’orizzonte che si staglia in queste pagine è esattamente lo sfondo sul quale si vanno ad inserire le nuove sfide poste dalla questione antropologica, in Europa come in Italia. Dunque, una buona palestra per riflettere, maturare decisioni e agire.
Un testo orientativo nel dibattito contemporaneo
BIOETICA E BIODIRITTO
UNA GUIDA NEL LABIRINTO
di Francesco Zini
Per chi voglia conoscere le principali questioni bioetiche presenti nel dibattito contemporaneo, offrendo gli strumenti concettuali per intraprendere questo percorso, c’è ora a disposizione un nuovo interessante strumento: il volume dal titolo “Bioetica. Nozioni fondamentali” scritto da Francesco D’Agostino e Laura Palazzani, edito da “La Scuola Editrice” .
BIOETICA E BIODIRITTO
UNA GUIDA NEL LABIRINTO
di Francesco Zini
Per chi voglia conoscere le principali questioni bioetiche presenti nel dibattito contemporaneo, offrendo gli strumenti concettuali per intraprendere questo percorso, c’è ora a disposizione un nuovo interessante strumento: il volume dal titolo “Bioetica. Nozioni fondamentali” scritto da Francesco D’Agostino e Laura Palazzani, edito da “La Scuola Editrice” .
Le nuove possibilità di intervento sulla vita aperte dal progresso scientifico e tecnologico in biologia e medicina esigono una riflessione di natura morale (che orienti le scelte individuali) e giuridica (che disciplini le azioni sociali).
Il testo analizza le principali teorie etiche in bioetica e giuridiche nel biodiritto, con l’obiettivo di giustificare razionalmente (nel contesto della discussione pluralistica attuale) la prospettiva che riconosce la dignità intrinseca di ogni essere umano (dall’inizio alla fine della sua vita). In particolare sono approfondite le questioni bioetiche all’inizio della vita umana (statuto dell’embrione umano, tecnologie riproduttive, maternità surrogata ed ectogenesi, diagnosi prenatali, manipolazioni genetiche, clonazione riproduttiva, clonazione “terapeutica” e cellule staminali) e alla fine della vita umana (accertamento della morte, trapianti d’organo, accanimento terapeutico, eutanasia, testamento biologico, cura del malato terminale, distribuzione delle risorse sanitarie). Sono anche affrontate le questioni di bioetica sociale (i minori, gli anziani, i disabili), di bioetica interculturale, di bioetica animale e ambientale, con cenni alle nuove prospettive che si delineano nell’orizzonte della bioetica post-umana.
E’ presente anche una sezione antologica che raccoglie le sintesi e raccomandazioni dei Pareri del Comitato Nazionale per la Bioetica sui temi analizzati; la legislazione italiana e le principali normative comunitarie ed internazionali. La bibliografia ragionata offre un utile supporto per orientarsi nella letteratura bioetica. Infine sono indicati i principali strumenti per la ricerca e l’approfondimento (enciclopedie e dizionari, bibliografie, riviste e siti internet).
Il volume si rivolge a coloro che intendono acquisire una conoscenza critica delle recenti problematiche bioetiche e biogiuridiche: a studenti (sia di discipline scientifiche che umanistiche), a professionisti (nell’ambito biomedico e socio-sanitario) e a coloro che operano nell’ambito della comunicazione e della formazione, dell’assistenza sociale e della mediazione culturale; ma anche a tutti coloro che desiderino approfondire le principali problematiche del dibattito sociale sulle questioni bioetiche.
La sentenza Englaro vista con gli occhi del medico
“STATO VEGETATIVO IRREVERSIBILE”
SENTENZA SEMPRE PIU’ CONTESTATA
di Gianluigi Gigli
Fermo restando che il dispositivo della Corte di Cassazione espone il fianco anche a critiche di ordine bioetico e giuridico, giova sottolineare anzitutto che appaiono poco sostenibili i presupposti di ordine medico su cui i giudici fondano il loro ragionamento. Ad esempio, la Corte sposa acriticamente la pretesa equiparazione dell’idratazione e della nutrizione a trattamento medico, ma…
“STATO VEGETATIVO IRREVERSIBILE”
SENTENZA SEMPRE PIU’ CONTESTATA
di Gianluigi Gigli
Fermo restando che il dispositivo della Corte di Cassazione espone il fianco anche a critiche di ordine bioetico e giuridico, giova sottolineare anzitutto che appaiono poco sostenibili i presupposti di ordine medico su cui i giudici fondano il loro ragionamento. Ad esempio, la Corte sposa acriticamente la pretesa equiparazione dell’idratazione e della nutrizione a trattamento medico, ma…
Scarica il dossier di approfondimento a cura del Prof. Gianluigi Gigli.
La sentenza Englaro vista con gli occhi del giurista
IN QUEL RIFIUTO DELLE CURE
C’E’ LA NEGAZIONE DELLA VITA
di Marina Casini
La Corte di Cassazione rassicura circa la circoscrivibilità delle sue indicazioni ai “casi estremi”. Tuttavia l’esperienza dimostra quanto, nella mentalità e nei fatti, sia facile e frequente passare dal caso estremo alla regola generalizzata; dal limite allo spostamento del limite. E’ possibile superare i limiti, perché. Soprattutto se è la legge ad aprire i varchi, al limite corrisponde una breccia e ad ogni breccia corrisponde una destrutturazione delle coscienze e uno scossone alle fondamenta della società.
IN QUEL RIFIUTO DELLE CURE
C’E’ LA NEGAZIONE DELLA VITA
di Marina Casini
La Corte di Cassazione rassicura circa la circoscrivibilità delle sue indicazioni ai “casi estremi”. Tuttavia l’esperienza dimostra quanto, nella mentalità e nei fatti, sia facile e frequente passare dal caso estremo alla regola generalizzata; dal limite allo spostamento del limite. E’ possibile superare i limiti, perché. Soprattutto se è la legge ad aprire i varchi, al limite corrisponde una breccia e ad ogni breccia corrisponde una destrutturazione delle coscienze e uno scossone alle fondamenta della società.
Scarica il dossier di approfondimento a cura della Dott.ssa Marina Casini
Appuntamenti
I PROSSIMI EVENTI
SEGNALATI DAI LETTORI
Tutti gli appuntamenti sono consultabili sul sito www.scienzaevita.org
08 Novembre 2007
Legge 40: Procreazione artificiale due anni dopo
BRESCIA – Centro pastorale Paolo VI – Via Callegari
09 – 10 Novembre 2007
3° Incontro Nazionale Associazioni locali Scienza & Vita
Roma – Congregazione delle Rosminiane, Via Aurelia 773
09 – 11 Novembre 2007
XIV Convegno nazionale C.F.C. IL CONSULTORIO FAMILIARE: LAICITÀ E IDENTITÀ CRISTIANA
Roma – Salesianum, Via della Pisana 111
10 Novembre 2007
IL TESTAMENTO BIOLOGICO QUALE AUTODETERMINAZIONE ?
Ravenna – Viale Farini, 14 Sala Consulta "L. Cavalcoli"
15 – 17 Novembre 2007
STOQ ’07 – Ontogenesi e vita umana
Roma – Via degli Aldobrandeschi, 190
19 Novembre 2007 – 20 Giugno 2008
II edizione del Master universitario di II livello "Case Manager. Bioetica, scienze umane e ICF per progettare e unire le reti con e per le persone con disabilità"
Milano – Università Cattolica del S. Cuore
22 Novembre – 06 Dicembre 2007
PICCOLO CORSO DI ALTA FORMAZIONE BIOETICA
Moncalieri (To) – Sala Zaccaria, Via Real Collegio 28
11 Febbraio – 09 Maggio 2008
CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN BIOETICA – livello base –
Roma – Istituto di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo F. Vito 1