L’obiezione di coscienza scaturisce dal difficile equilibrio tra legge, libertà e coscienza.
Nell’ordinamento democratico è norma quanto la maggioranza dei cittadini riconosce come morale, senza attribuirgli alcun valore oggettivo e permanente.
Tale relativismo può riguardare qualsiasi provvedimento, ma quando è in gioco il rispetto della vita è evidente l’anomalia normativa che legittima la soppressione del non nato, del malato cronico irrecuperabile, del carcerato condannato a morte.
Come la coscienza universale giustamente reagisce nei confronti di crimini contro l’umanità, dei quali il secolo passato ha fatto ben tristi esperienze, così, quando si tratta della vita e dei diritti fondamentali iscritti nel cuore dell’uomo, l’introduzione di legislazioni ingiuste e contrarie a tali diritti obbliga i cittadini, che credono nella vita in sé come dono umano o divino, a non partecipare ad azioni ritenute moralmente delittuose, anche se al prezzo del sacrificio della propria professione.
Non è una posizione negativa o di disimpegno, ma altamente propositiva, soprattutto se associata all’aiuto di chi è in difficoltà economica e di coscienza ed all’impegno per una legislazione a favore della vita umana e per una maggiore coscientizzazione sociale.
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